venerdì 4 dicembre 2015

Proprietario o imprenditore?



C’è una grande differenza tra possedere una azienda, magari per averla ereditata, e svilupparla. Per certi versi è la differenza che caratterizza il manager dal leader: il primo, nella migliore delle ipotesi, fa le cose bene, il secondo fa le cose giuste. Oppure, usando le parole di John Maxwell, il primo ricopre un ruolo, il secondo vive una qualità.
Spesso si incontrano proprietari di imprese che sembra si sforzino di portarle all’insuccesso. Capita quando il ruolo di comando, che diventa esercizio di potere invece che di guida, è stato ereditato senza che nessuno si sia preoccupato di rinforzare i legami familiari con potenti dosi di competenze e di esperienza, magari maturata in contesti lontani da quelli dell’azienda di casa.
Ci sono specialisti che si occupano di questo settore, della trasmissione ereditaria di imprese, e non è di questo che posso e voglio parlare.
Vorrei soffermarmi su alcune sindromi, tutte curabilissime, che fioriscono in questi contesti  dove l’impreparazione –che è patologia sanabile e non imputabile- si mescola, ahimè, con presunzione ed arroganza –queste purtroppo ascrivibili al personaggio e non al contesto- per produrre effetti devastanti.
In genere si riconosco facilmente perché sono rinvenibili in alcune frasi spia, lampeggiatori di atteggiamenti ricorrenti, tutti volti a negare ogni corresponsabilità addossando ad altri i fallimenti.

Le più frequenti?
“Abbiamo sempre fatto così”
“Il nostro mercato è differente” con l’aggravante “il nostro mercato è in crisi”
“La concorrenza è più avanti”
“I prezzi calano e i consumatori spariscono”
“Il problema è a monte”.

A volte queste sconcertanti espressioni si annodano ad una scelta perdente per l’approssimazione che deriva da due curiosi atteggiamenti:
-       il primo ritiene che per “fare queste cose” –che sia una strategia di marketing, l’allestimento di uno stand, un poster, una pagina social media, una campagna pubblicitaria, un sito web- non ci sia bisogno di una specifica competenza, ma chiunque, perdendo cinque minuti dopo cena, lo possa fare con mezzi economici e risparmiando molto;
-       il secondo, che è figlio o padre del primo, decidete voi, ritiene che poi in fin dei conti queste cose qui non servono, basta il prodotto, e ce la caviamo sempre.

Così poi capita che in fiera ti trovi accanto uno stand ben fatto e tu fai la figura dell’incompetente, o il tuo sito finisce al centro degli esempi “come non fare”, o che la tua pubblicità divenga lo zimbello del momento, come capitò di recente ad una catena di negozi di scarpe.


Per essere imprenditori, in qualunque settore, la regola base è una sola: riconoscere di non essere in grado di fare tutto da soli e circondarsi di risorse, interne od esterne, competenti e capaci. Certo bisogno imparare a delega e a rinunciare al potere. In genere chi lo fa ne acquista uno molto maggiore: la credibilità.

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